
Parco Naturale Roccamonfina




Sulle pareti dell´edificio vulcanico di Roccamonfina, alle quote più elevate, il paesaggio vegetale è caratterizzato dalla presenza d’estesi castagneti nei quali si rinvengono numerosi e maestosi esemplari secolari. Notevole è la diffusione dei boschi di castagno (Castanea sativa). Lo sviluppo rigoglioso del castagno è stato favorito anche dalla composizione mineralogica dei suoli lavici del Roccamonfina, sub acidi e poverissimi di calcio scambiabile, ottimale per il soddisfacimento delle esigenze nutrizionali di questa specie. Dal punto di vista ecologico un´economia agraria centrata, in gran parte, sulla coltivazione estensiva del castagno si caratterizza per gli effetti positivi di presidio e manutenzione continua del territorio e per gli impatti contenuti connessi ad apporti di fertilizzanti ed acqua praticamente nulli. La pratica della bruciatura del sottobosco nelle zone coperte dal castagno, praticata nei mesi estivi per ridurre la competizione per le risorse nutritive e per diminuire il rischio d’incendi, determina l´impossibilità di un completo sviluppo della vegetazione arbustiva sotto la copertura arborea. Nei castagneti sono, però, notevoli le splendide fioriture primaverili di crochi, ranuncoli, primule, orchidee, anemoni ed altre specie erbacee da frutto e cedui. Le attività economiche dell´uomo, in questi territori, hanno comportato importanti modificazioni della copertura arborea spontanea che spesso danno origine a boschi misti anche in associazione con il castagno. Questo paesaggio “plasmato” dall´uomo, seppure con una ridotta biodiversità, si caratterizza per un notevole impatto scenico e costituisce uno degli esempi più suggestivi di riuscita integrazione tra l’uomo e l’ambiente. Nel periodo autunnale, il sottobosco è popolato da numerose specie di funghi soprattutto porcini (Boletus edulis) ed ovoli (Amanita caesarea) d’elevato pregio commerciale.Alle quote più basse, insieme alle specie tipiche della macchia mediterranea ed alla roverella (Quercus pubescens ), che spesso si trova in associazione con gli alberi di leccio (Quercus ilex), ancora una volta è evidente l´intervento dell´uomo cui sono dovute le ampie superfici coperte dalla vite e dall´ulivo. Le sponde del fiume Garigliano, interne alla perimetrazione del Parco, presentano la copertura vegetale arborea tipica di questi ambienti con specie igrofile, quali pioppi e salici, che danno vita a strette fasce di foresta a galleria. Nella zona di focesono presenti canneti e specie psammofile tipiche degli ambienti dunali con una pineta di rimpianto a pino marittimo (Pinus pinea). Se la flora arborea è piuttosto omogenea, il sottobosco diviene, durante il periodo primaverile, un’esplosione di colori concrochi (Crocus vernus), bucaneve (Galanthus nivalis), primule (Primula primula), anemoni (Anemone virnalis), viole (viola viola) e sul finire della stagione primaverile fanno la loro comparsa le orchidee (Orchis orchis).
FLORA




FAUNA
Nei boschi del vulcano di Roccamonfina i mammiferi più diffusi sono la volpe (Canis vulpes ), il cinghiale (Sus scrofa), il tasso (Meles meles), la faina (Martes foina), la lepre (Lepus capensis ) e numerose specie di micromammiferi. Tra la fauna ornitica è da segnalare la presenza di popolazioni nidificanti di poiana(Buteo buteo) e gheppio (Falco tinnunculus) che, quali predatori posti ai vertici delle reti alimentari, con la loro presenza testimoniano lo stato di funzionalità dell´ecosistema. Altri uccelli da segnalare sono l´upupa (Upupa epops), il picchio verde (Picus viridis), l´averla piccola (Lanius collurio). Da citare anche la presenza di diverse specie di rettili ed anfibi, quali il cervone (Elaphe quatuorlineata), il colubro d’esculapio (Elaphe longissima), il biacco (Coluber viridiflavus), l´ululone dal ventre giallo (Bombina variegata), la raganella (Hyla arborea), il tritone punteggiato (Triturus vulgaris), la rana agile (Rana dalmatina). Anche i corsi d´acqua del Parco Regionale presentano popolamenti faunistici di rilievo, sia con riferimento alle specie ittiche – alborella (Alburnus alburnus), lampreda marina (Petromyzon marinus), lampreda di fiume (Petromyzon fluviatilis) - che alle numerosissime specie d’uccelli che si possono osservare presso la foce del fiume Garigliano, quali la nitticora (Nycticorax nycticorax), la garzetta (Egretta garzetta), l´airone rosso (Ardea purpurea), la sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), l´airone bianco maggiore (Egretta alba) unitamente al martin pescatore (Alcedo atthis), all´avocetta (Recurvirostra avosetta), al cavaliere d´Italia (Himantopus himantopus), alla cicogna bianca (Ciconia ciconia) ed ad una incredibile varietà di specie di anatidi, sterne e gabbiani.






IL VULCANO DI ROCCAMONFINA
Il Roccamonfina è il più antico apparato vulcanico della Campania, rassomigliante strutturalmente al Vesuvio, ma di gran lunga superiore per dimensioni, con undiametro di oltre 15 km. Nato circa 600.000 anni fa, in uno sprofondamento che rese la crosta terrestre più sottile e dunque favorì la salita del magma, il vulcano ha una cerchia craterica esterna di circa 6 km di diametro al cui interno si trovano i doppi coni vulcanici del M. S. Croce e del M. Làttani, formatisi in eruzioni successive.
Un crollo della metà superiore del gran cono troncò il vulcano formando un’ampia conca detta Caldera e all´interno di questa si formò un lago. Presto nuove eruzioni di ceneri e lave colmarono un poco la caldera e una lava particolarmente viscosa vi formò al centro i due domi di Monte S. Croce ( 1005 m ) e M. Lattani ( 810 m ).
L´attività vulcanica, cessata da più di 50.000 anni, ci ha lasciato le forme tipiche di coni, domi, crateri, rocce uniche e di composizione molto varia (Tefriti, Basaniti, Leucititi, Tufi, Ignimbriti, Latiti, Basalti) a testimonianza di una complessa attività. In epoca romana, probabilmente fino al medioevo, dai materiali lavici eruttati dal vulcano di Roccamonfina si ricavavano le pietre molari per le macine da cereali e per i frantoi, diffuse in tutta la Campania, anche a Pompei.
In passato erano celebrate le virtù salutifere delle abbondanti sorgenti di acque termali e minerali, in prossimità delle quali vi erano luoghi di culto frequentati sin da età preromana, come S. Paride, dove la basilica medievale sorge su una cisterna più volte ricostruita nel corso dei secoli. Oggi dell’attività vulcanica rimangono le nutrite sorgenti termali che sgorgano prevalentemente alla destra idrografica del fiume Garigliano, le numerose fumarole presenti sulla sua riva sinistra e le sorgenti di acque minerali.
